Le complicanze più frequentemente osservate dopo l’amniocentesi risultano essere l’aborto e la rottura del sacco amniotico.

La rottura del sacco amniotico nella stragrande maggioranza dei casi guarisce da sola. Non è necessario in genere altro che un modesto riposo e talvolta una blanda terapia antibiotica e tocolitica (terapia contro le contrazioni).

Per quanto attiene l’aborto, invece, la letteratura più recente dimostra come questo rischio, nei maggiori centri del mondo (vedi ad esempio in Italia) si aggiri intorno allo 0,1%.
Ovviamente tale rischio è così basso, solo quando eseguita da operatori molto esperti e comunque sotto profilassi antibiotica.

Questo rischio è equivalente, se non addirittura inferiore, rispetto a quello generico di chi non la esegue. Si ricorda infatti che, anche la popolazione generale, cioè le donne che non si sottopongono ad amniocentesi, possono abortire spontaneamente. Questo evento avviene all’incirca in un caso su 100 tra la 18^ e la 24^ settimana di gestazione.

Si ritiene che il paradossale effetto “protettivo” dell’amniocentesi sia dovuto all’antibiotico utilizzato come profilassi.

Il più grande trial randomizzato mai condotto sui rischi dell’amniocentesi è stato pubblicato da noi nel 2009. Questo enorme studio, eseguito su di una popolazione  di 36247 soggetti reclutabili ha dimostrato che il rischio di aborto nelle donne che vennero sottoposte ad amniocentesi dopo aver assunto un antibiotico-profilassi, è addirittura inferiore rispetto a chi non la eseguì affatto. Il rischio di abortire nel nostro centro, nelle gravide che hanno assunto la profilassi antibiotica, è infatti bassissimo, limitato allo 0,031%  (Giorlandino C, Cignini P, Cini M, Brizzi C, Carcioppolo O, Milite V, Coco C, Gentili P, Mangiafico L, Mesoraca A, Bizzoco D, Gabrielli I, Mobili L. Antibiotic prophylaxis before second-trimester genetic amniocentesis (APGA): a single-centre open randomised controlled trial. Prenat Diagn. 2009 Jun;29(6):606-12.).

Altre complicanze di minore entità, trascurabili: 

La più frequente di queste risulta essere la lipotimia che segue la procedura. Giocano a determinarla fattori emozionali come la tensione e l’ansia dell’aspettativa, ma anche vere componenti neurovegetative. La pressione arteriosa, per solito bassa all’inizio della gestazione, può portare a lipotimia in seguito alla stimolazione vagale operata durante il passaggio dell’ago nel peritoneo. L’uso di betamimetici che, come si è detto è piuttosto superfluo ai fini di una reale prevenzione di una minaccia d’aborto, può determinare un ulteriore calo pressorio. Non vale la pena pertanto somministrarli senza discriminazione soprattutto nelle stagioni calde.

L’insorgenza di attività contrattile è evenienza transitoria. L’uso dei betamimetici di solito non è neanche consigliato; si utilizza routinariamente il magnesio che è sufficiente a prevenire le contrazioni uterine.
Al persistere della sintomatologia si utilizzano miorilassanti ( N-butilbromuro di joscina) o tocolitici (calcioantagonisti).

Talvolta si osserva una piccola perdita di liquido amniotico (leakage) che può spaventare le gestanti ma che in realtà non rappresenta nessuna complicanza e privo di conseguenza, che va ben distinta dalla vera e propria rottura del sacco amniotico.

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